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Il mio lunghissimo

Ieri mattina ho corso il lunghissimo, l’ultimo, ingombrante mattone, della mia preparazione per Roma. Avrei dovuto correrlo una settimana fa, ma l’influenza aveva colpito troppo duramente, e quindi, dopo un’altra corsa devastante giovedì, in cui le gambe erano tornate a pesare terribilmente, ieri mattina gambe in spalla e sono partita.

Per compiere questa piccola impresa sono andata a Cecina, perché mamma, coraggiosamente, si è offerta di accompagnarmi in bicicletta (in realtà avrebbe voluto anche farci seguire da una ambulanza, portare un defibrillatore e una puntura di adrenalina, ma alla fine ha desistito). Siccome il Marito aveva una serie di impegni ho fatto saltare scuola al Nano e siamo partiti, abbastanza presto, ridenti e ciarlieri, perché volevo essere pronta per iniziare a correre alle 9 (mamma degenere, se la prof di italiano scopre la ragione dell’assenza farà intervenire gli assistenti sociali, è già convinta che lo sport sia la rovina di mio figlio). 

Arrivati a Cecina mamma ed io siamo partite, di corsa e in bici, mentre Nano, Sister e Marito di Mamma sono andati ad aspettarci in pineta. abbiamo fatto i primi sei km, avevo lo stomaco chiuso dalla paura e il freno a mano tirato, 35 km mi sembravano una montagna impossibile da scalare, e, sebbene cercassi di non pensarci, la tensione la sentivo tutta. Pian pianino, correndo e ascoltando le chiacchiere di mamma (ogni tanto ho perfino risposto!), mi sono rilassata e siamo arrivati in pineta, dove mi aspettavano 20 km (andata e ritorno sono 10, per cui dovevo fare il giro due volte, e avevo previsto di girellare altri 4 km per Bibbona perché uno dei problemi principali, quando fai 35 km, è trovare dei percorsi accettabili). Qui mamma si è resa conto che le faceva male il culo, per cui si è data il cambio col Nano, che mi ha accompagnato per i successivi 16 km. Sono stati i 16 km più belli della mia vita. Il Nano è stato un incredibile motivatore, non si è zittito un attimo, ha cicalato ininterrottamente, mi ha fatto i cori, “la mia runner paura non ne ha”, cantato Djangoooooo, ha salutato, con il suo sorriso a ottocentomila denti, e dei “buongiorno” incredibilmente tonanti, anche i cani, in pineta. Ogni runner, ogni ciclista, ogni anziano a passeggio ha ricevuto il suo mega sorriso, e quanto si infervorava, quando non veniva ricambiato (“lo rincorro? Questo lo rincorro, mamma, non mi ha neppure guardato, che musone, possibile?”), ha tenuto le statistiche se non lo salutavano più le donne o gli uomini, i giovani o gli anziani, ha fatto più della metà della strada in piedi sui pedali, e mi ha dato una carica impagabile. Non ho mai riso così tanto mentre correvo.

Al 14* km ho incontrato un runner storico di Cecina, da 40 anni percorre i sentieri della pineta, si ricorda di me seienne che accompagnavo in bici mamma a correre, e anche lui, con le sue parole “non mollare, dai dai dai, Roma ti aspetta” mi ha regalato un’altra scarica di adrenalina, e ho continuato, passo dopo passo.

Dopo i 16km col Nano, mamma è tornata a inforcare la bici (non senza un po’ di rammarico del mio bimbo che scuoteva il capone e mi diceva “però mi dispiace un po’ non accompagnarti fino alla fine, mi raccomando, l’ultimo km ascolta “the final countdown”, perché sarai come Rocky in cima alla scalinata, va bene?”) e ha ripreso per gli ultimi 13 km. 

Al 28* ho iniziato a fare fatica, e al 30* quando sono uscita dalla pineta per riprendere la strada di casa, ho dubitato. Allora ho preso cellulare e una cuffietta e, insieme alle chiacchiere di Mamma, mi sono fatta di incoraggiare dalle 4 non blondes che mi cantavano what’s up (“and I scream from top of My lungs what’s going on!!!!”), dal Boss che mi diceva che sono Born to run e dai Chemical Brothers che mi hanno urlato “GO”, ed ho continuato a fare un passo dopo l’altro, dolorosamente.

Al 33* ho capito che non mi sarei fermata, due km li avrei fatti anche rotolando, e ho continuato, un piede avanti all’altro. Al 34* mi sono trovata una piccola salita, circa 400 m, ma io ero così stanca che correre in salita o in discesa era ugualmente duro e ho fatto partire The final countdown, proprio come mi aveva detto il Nano. Gli ultimi 400m, quando ho pensato che mi mancava solo l’equivalente di un giro di pista, l’adrenalina ha avuto un ultimo scatto di orgoglio, e ho corso, a perdifiat, con il pizzicore agli occhi e una gioia infinita nel cuore, sentendomi davvero come Rocky!

È stata un’avventura di una bellezza indescrivibile, non so se finirò la mia Maratona, ma so che comunque vada ne sarà valsa la pena, non fosse altro per le emozioni di questo stato mattina. E questi 35 km non sono stati solo miei ma di tutta la family, che mi ha accompagnata e incoraggiata, aiutandomi a sconfiggere la paura di non farcela.

  

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