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Assassinio sull’Orient Express, durante Un’ultima inutile serata

Ieri sera era San Valentino, e io non amo molto questa festa (mentre adoro i compleanni!), perciò il mio unico pensiero è andato a un’amica single, non felice di esserlo, per cui le ho scritto una letterina d’amore. Non era il mittente che desiderava, ma spero di averle fatto piacere, e mi sembra di sì.

Ma non volevo parlare di questo. Patri si era svegliato prestissimo, perciò alle 9 era a letto, Vale idem, scontava una giornata pesante dopo un fine settimana pesante, anche a Ludo calava la palpebra e io mi pregustavo la fine di Assassinio sull’Orient Express (il film del 2017, avevo visto la prima metà domenica pomeriggio) e la fine di Un’ultima inutile serata, di Andre Dubus (padre, non figlio, che a parer mio scrive solo cagate), mi mancava solo l’ultimo racconto. Non immaginavo proprio che sarei finita a frignare indecorosamente sia per il film che per il libro. Ma procediamo per ordine.

Assassinio sull’Orient Express non è un gran film. L’interno del treno è bellissimo, esattamente come lo immaginavo, retrò, un po’ barocco, caloroso, appropriato davvero, mentre le scene di azione e la parte dell’incidente che impedisce il prosieguo del viaggio sono fuori luogo, mi ha ricordato Snowpiercer (il film, non la serie), quindi un mondo del tutto estraneo alla nostra Agatha preferita. Gli attori sono mega star, alcune in forma, altre un po’ meno, Johnny Deep è un Cassetti appropriatissimo, Michelle Pfiffer è incredibile, bravura e bellezza così sfolgoranti da risultare quasi urticanti, Branagh è un Poirot un po’ troppo glamour, per i miei gusti, ma paga soprattutto, credo, il finale totalmente inadeguato al suo personaggio. Non il finale dell’indagine, perché quello è, e non ci piove, chi ha letto ben sa, ma il suo comportamento finale. Il Poirot del libro è più posato, più confidente, forse troppo, non ci piove, ma avrei gradito una maggior fedeltà. Mi sembra lecito renderlo più sfaccettato e tormentato, ma stravolgerne l’attitudine mi pare eccessivo. 

Giusto un’ultima piccola considerazione. Ho fatto un’indagine in famiglia e a lavoro. Premetto che in casa mia tutti leggiamo, chi più chi meno. A lavoro, lavoro esclusivamente con persone laureate, tendenzialmente ingegneri, ma non solo, c’è un 30% di buoni lettori, il rimanente 70% legge pochissimo. Ebbene, nella mia bolla, mettiamo che ho chiesto a un totale di 15 persone, di cui almeno 5 lettori forti, ebbene, 3 o 4 avevano letto Assassinio sull’Orient Express, ma solo in 2 ricordavamo bene il finale. Chiaramente il campione non è rappresentativo, ma siamo tutte persone che amiamo il cinema e le storie, e nessuno si sarebbe fatto il problema del fatto che il finale di era troppo noto, cosa invece che secondo me è stata anche troppo sottolineata dalla critica su questo film. Voglio dire, non era strettamente necessario chissà quale fuoco di artificio per rendere questo film godibile, l’intreccio è stupefacente, secondo me, e perciò il richiamo dei mega effetti speciali mi risulta difficile da capire.

Allerta spoiler

Bene, visto che in realtà chi non conosce o non ricorda il finale c’è, ho messo questa allerta per spiegare perché ci ho fatto un piantino. Concorreva al mio pianto, forse, che avevo la mia dolce Ludina addormentata sulle gambe, ma spesso la pacatezza di Poirot fa sì che si sottovaluti un po’ la portata emotiva degli assassinii, nei gialli della Christie. Ecco, se sapete la causa dell’assassinio potrete sapere cosa mi ha fatto piangere, vedere l’effetto dirompente sulla famiglia della morte della piccola Armstrong mi ha colpito molto. 

Fine spoiler

Finito il film sono andata a letto, e mi sono dedicata a Rose, l’ultimo racconto del libro Un’ultima inutile serata di Dubus. Dubus è forse il mio scrittore di racconti preferiti. Quando entro in una libreria e scopro che non c’è nemmeno un suo libro resto molto contrariata, perché divulgare la qualità di questo scrittore dovrebbe essere una missione generale. La sua capacità di scavare in profondità attimi apparentemente banali della vita dei suoi personaggi è, per me, sempre stupefacente. Riesce a cogliere i momenti di epifania e di riflessione nascosti nella vita di tutti i giorni, cesellando il dettaglio di ogni sfumatura. In realtà i racconti di questa raccolta, secondo, differiscono un po’ rispetto agli altri che ho letto, ci ho trovato maggiormente una “trama”. Vorrei focalizzarmi sugil ultimi due racconti, accomunati dal fatto che entrambi hanno per titolo un nome di donna, la protagonista delle pagine. Molly, il penultimo, viene raccontata dall’infanzia all’adolescenza, e insieme a lei si legge della sua mamma, e del modo in cui sono cresciute insieme. La rappresentazione della loro unione è di quelle che difficilmente ho trovato nelle pagine di un libro, però mi ha fatto venire in mente quando, in Tutto su mia madre, Esteban dice che il figlio di una madre sola cresce più velocemente rispetto agli altri. Anche in questo caso c’è una figlia con una madre sola, e la condivisione diventa più profonda, intensa, anche complicata, magari, proprio perché esclusiva, tutto finisce sulle spalle e sul cuore di un singolo genitore. 

Mi ha fatto venire in mente anche un’altra cosa. Io non fumo, ho fumato qualche mese all’università, poi, per anni, ho tenuto un pacchetto in borsa. Il pacchetto mi poteva durare due mesi o un anno, a seconda dei periodi, ma non ho mai più fumato più di una sigaretta dopo una cena particolarmente gustosa o in un momento di fortissimo stress. Da dopo essere rimasta incinta di Ludo quel pacchetto non l’ho più comprato, e quindi non  ho più fumato, non tanto perché abbia paura di riniziare e diventare dipendente, ma perché Vale invece ha iniziato a fumare e io per reazione non fumo più, perché ho orrore di lui con la sigaretta in bocca, per cui per coerenza la evito anche io. (in realtà fuma la sigaretta elettronica e solo quando esce compra un pacchetto di sigarette vere, ma insomma, mi fa molto soffrire questa cosa). In tutto questo quelle due sigarette al mese mi mancano, perché a me il sapore piace, specie dopo una cena terminata con un buon bicchiere di rosso. Insomma, a volte ho avuto l’impulso di chiedere una sigaretta a Vale e di fumarcela insieme, vincendo la repulsione che mi suscita vederlo fare qualcosa che gli fa male, ma semplicemente per la condivisione, perché a volte una sigaretta fumata insieme è come uno scambio di un segreto (da qui esco fuori come una tabagista, in realtà non ne tocco una da quasi 4 anni, odio le persone che fumano in luoghi aperti ma “condivisi”, tipo la banchina della stazione, per capirsi, insomma, ripeto, sono una fumatrice che fatico anche a definire occasionale). Ecco, in questo racconto la mamma supera questa repulsione, e, mentre leggevo, ho pensato di farlo anche io, ma forse sono troppo rigida, e mi sono sentita così capita da Dubus, che racconta di queste due donne, insomma, mi è sembrato un racconto bellissimo.

Ma non era ancora niente rispetto a Rose. Rose è un racconto lungo, 50-60 pagine (ma anche Molly lo è, forse un pochino meno), e racconta di una donna che il narratore incontra spesso in un bar (un posto pulito, illuminato bene – il mio bar preferito al mondo – ossignore sono come un disco rotto, tutte le volte che parlo di racconti devo tirare fuori Hem). 

Questa donna è sola, ed ha un passato misterioso, si vocifera di un incendio. Una sera decide di raccontare la sua storia, e qui sento davvero che non davvero spoilerare perché, per una volta, anche la trama è importante con Dubus. Il fatto è che questa donna vive con una colpa enorme, gigantesca, ma è una colpa che secondo me ha riscattato, con un atto gigantesco il doppio o forse anche il triplo. Ma questa colpa le è rimasta dentro, e crede di non meritare redenzione. E il narratore, e anche io, vuole dirle che non è vero, lei è salva, non è immacolata, ci sarà sempre qualcosa che non ha fatto, ma l’ha riscattato con quello che ha fatto. E mentre volevo dirle tutto questo e avevo finito il mio librino piangiucchiavo e piangiucchiavo con il cuore spezzato. 

Comunque Dubus ti fa sentire che meriti perdono. La vita magari a volte è schifosa e ti induce a fare delle cose di cui ti vergogni, ma questo non ti preclude di essere amato e perdonato. Non so che dire. Tre dei miei racconti preferiti al mondo hanno a che fare con un bar, questo, Un posto pulito illuminato bene, e Kino, di Murakami, con il quale ho un rapporto arci conflittuale se si parla di romanzi, ma scrive racconti che hanno una grazia e una potenza, contemporaneamente, deflagranti. 

È venuto fuori un post lungo e sconclusionato.

3 pensieri riguardo “Assassinio sull’Orient Express, durante Un’ultima inutile serata

  1. Per me, tutti i film tratti dai romanzi di Agatha Christie sono in qualche modo deludenti. Trasposti in cinema, i personaggi risultano quasi sempre delle caricature, e l’inverosimiglianza che nei romanzi riesco ad accettare nei film stona. La grande Agatha vive molto meglio nei suoi libri!

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    1. Sono d’accordo, anche se ricordo che il vecchio Assassinio sull’Orient Express mi era molto piaciuto, non tanto Poirot che, hai ragione, ne esce ridicolizzato, quanto gli altri personaggi, che mi erano sembrati azzeccatissimi! Sono gli unici due adattamenti che ho visto, ma non escludo di non resistere ad Assassinio sul Nilo (che adoro come romanzo), almeno quando arriverà in streaming!

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